RINALDO IL RIBELLE

“Al di sopra degli uomini c’è la legge. Al di sopra della legge c’è l’uomo”

 

Durante la notte tra il 13 e 14 settembre 1321 moriva Dante e quest’anno festeggiamo il settimo centenario, ma non tutti sanno che qualche settimana prima il 3 agosto del 1321 moriva l’Arcivescovo di Ravenna e il più grande riformatore della sua epoca: Rinaldo da Concorezzo. Il Beato Rinaldo visse quindi all’epoca di Dante e fu Vescovo di Ravenna nel periodo in cui il poeta trovò asilo in questa città. Non è dato sapere se i due si conobbero e si frequentarono, ma è certo che l’Arcivescovo esercitò un influsso profondo sull’ambiente ravennate del primo ventennio del sec. XIV nel quale l’Alighieri visse gli ultimi anni della sua vita.

La figura di Rinaldo è così cara ai laici per diverse ragioni: ha saputo sfidare l’autorità religiosa e ha dato un giusto processo ai templari.

Ma ci può essere anche una ragione più profonda di condivisione della visione dell’uomo e della società, che potremmo definire umanistica.


Il lungo cammino di San Rainaldo da Concorezzo:

Milano: 1250 circa, nasce dalla nobile famiglia dei Concorezzo

Bologna: 1280 circa, studia legge all’Università

Lodi: fine 1289, è insegnante di diritto alla scuola cittadina

Roma: 1290 circa, entra a far parte del seguito del cardinale milanese Pietro Peregrosso e poi del cardinale Benedetto Gaetani (nipote del Papa Bonifacio VIII)

Vicenza: 1298 circa, è nominato vescovo di Vicenza

Roma: 1299 circa, Papa Bonifacio VIII lo nomina suo inviato in Francia per importanti missioni diplomatiche

Montrein sur Mar (Francia settentrionale): fine 1299, viene definito l’accordo di pace tra il re di Francia (Filippo il Bello) ed il re d’Inghilterra (Edoardo I), da anni in guerra tra loro

Roma: 1300 circa, rientro dalle missioni francesi

Forlì: 1301 circa, è nominato Vicario di Romagna

Ravenna: 1303 circa, viene eletto e poi nominato dal Papa arcivescovo di Ravenna

Piemonte: 1310 circa, incontra l’Imperatore Enrico VII del Lussemburgo

Vienne (Francia): fine 1311, partecipa al concilio contro i Templari, voluto dal Papa Clemente V 

Argenta: 1313 circa, sposta la propria residenza presso il castello di Argenta, dove muore nel 1321


Fu un uomo di grande cultura e contro il suo tempo, ribelle, garantista, caritatevole, semplicemente un uomo giusto seguace degli insegnamenti di San Francesco.

Uno dei fatti per cui divenne famoso è il processo ai templari.

Nel 1308 Papa Clemente V, succube del Re di Francia, promulgò la Bolla Faciens Misericordiam con la quale definì le accuse contro i templari e istituì delle Commissioni per indagare sui cavalieri.  In particolare, i Templari vennero accusati di sodomia, eresia e idolatria per aver adorato una misteriosa divinità pagana il Bafometto.

Le commissioni papali istruirono processi contro i templari a Parigi, Brindisi, Chieti e Cipro.

Tutti i processi si celebrarono in un generale clima di condanna.

L’unica eccezione fu rappresentata dalla Commissione istituita a Ravenna nel 1309 e presieduta da Rinaldo Da Concorezzo che si occupò dell’inquisizione contro i templari dell’Italia Settentrionale.

L’inchiesta fu infatti condotta dall’Arcivescovo di Ravenna con criteri di mitezza e senza il fine di impossessarsi dei beni dell’Ordine.

Gli imputati, per volere di Rinaldo da Concorezzo, non furono imprigionati e soprattutto non furono sottoposti a tortura.

Per tale  motivi  il  processo  di  Ravenna  rappresentò  la  migliore  antitesi  rispetto  ai  processi celebrati  in Francia.

Rinaldo si oppose alle  pressioni  del  Papa  che  spingeva  all’uso  della  tortura  per estorcere le confessioni degli imputati.

L’arcivescovo  di  Ravenna  che  era  un  garantista  ante  litteram  riteneva  che “debbono essere  considerati  innocenti  coloro  per  i  quali  è  possibile  dimostrare  che  hanno confessato solo  per  timore  della  tortura. E’  innocente  anche  chi  ha  ritirato  la confessione estorta  con  la  violenza  oppure  non  ha  osato  ritirarla  temendo  di essere di nuovo torturato”.

Rinaldo  era  ben  consapevole  che  le  torture  applicate  dagli  inquisitori  papali  avevano falsato i processi in quanto i templari ammisero ogni tipo di empietà anche quelle mai commesse.

Il  processo  ravennate  si  concluse  nel  giugno  del  1311  con  la  dichiarazione  di innocenza di tutti i templari inquisiti.

Questi  ultimi,  infatti,  sottoposti  a  regolare  processo  e  senza  lo  spauracchio  della tortura, si professarono innocenti.

Rinaldo  da  Concorezzo  non  si  lasciò  intimorire  dalle  pressioni  del  Pontefice  e con fermezza decise di non ripetere il processo.


L’insegnamento più considerevole che ci ha lasciato Rinaldo da Concorezzo è che la legge morale deve prevalere anche sulla legge positiva.

“Al di sopra degli uomini c’è la legge. Al di sopra della legge c’è l’uomo”:

Perché se è vero che la legge deve regolare la vita degli uomini è anche vero che essa deve essere adattata al caso concreto e non può essere applicata tout court.

Neppure il più saggio dei legislatori può aver previsto in essa ogni singola e distinta situazione in cui si può trovare un uomo.

Rinaldo da Concorezzo decidendo di non utilizzare la tortura nei processi contro i templari contravviene all’Inquisizione papale ma afferma il primato dell’uomo sulla legge.

Le mie riflessioni sono di contenuto antropologico non giuridico e neppure filosofico.

Come medico e umanista ritengo sia una figura di riferimento per la libertà di pensiero e per i valori che in ogni tempo amiamo.